martedì 14 luglio 2009

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[RUBRICA] Consigli pratici per collezionare fumetti "neri" (1a puntata)

Con questo post voglio inaugurare la prima rubrica del blog. Accanto agli articoletti estemporanei su questo o su quello, mi piacerebbe infatti portare avanti con continuità determinati argomenti. Questa rubrica parlerà delle mie esperienze di collezionismo di fumetti "neri". Più avanti aprirò altre rubriche su altri argomenti di mio interesse, sperando che possano essere interessanti anche per qualcun altro.





Do per scontato il significato di "fumetto nero" inteso come fenomeno culturale che si sviluppa nei primi anni '60 e si esaurisce, nella sua forma pura, alla fine di quello stesso decennio. Naturalmente collezionare questo genere di fumetti (come ogni altro) senza sapere cosa è e cosa rappresenta nella storia del fumetto ha poco senso. Per avere una panoramica della questione, nonché per capire di quali fumetti stiamo parlando, trovo molto utile un bellissimo saggio di Federico Mataloni che si trova su internet e che potete leggere cliccando qui. Io invece affronterò il tema del fumetto nero sotto un'angolatura strettamente legata al collezionismo.


Oggi risponderemo alla domanda: Perché collezionare fumetti neri?

Se siete già collezionisti di neri probabilmente questo punto vi potrà sembrare poco interessante. Per altri la risposta può sembrare banale. Ma i fumetti neri sono un campo piuttosto particolare e spendere due parole su questo aspetto è tutt'altro che inutile.


Il genere oggi gode di buona salute. I collezionisti sono molti e le quotazioni degli albi sul mercato sono mediamente piuttosto alte. Eppure, a ben guardare, la maggior parte delle testate contengono storie che, sotto il profilo dell'intrattenimento, sono del tutto illeggibili. Illeggibili perché appaiono datate, pesanti, a volte mal disegnate e banali. Qualsiasi confronto con storie che escono oggi in edicola, anche le più mediocri, è impietoso. Ci sono delle importanti eccezioni, è vero, ma in linea generale il quadro (specialmente per le serie minori) è questo. Collezionare fumetti neri significa dunque riconoscere un valore narrativo o della bravura del disegnatore o dello sceneggiatore - che pure spesso ci sono - attraverso parametri diversi da quelli con cui siamo abituati a valutare oggi.

Questi parametri non sono solo quelli "nostalgici". Per chi ha letto questi fumetti in gioventù, la cosa sarà più facile. Ma mi sono reso conto in questi anni che la categoria dei nostalgici non è molto numerosa, ed è quasi sempre interessata solo alle tre serie principali (Diabolik, Kriminal, Satanik), che sono anche le più leggibili. Molto più sostanziosa è la schiera dei collezionisti che ambiscono ad una collezione "importante". I fumetti neri hanno una collocazione storica fondamentale e Diabolik, ancora oggi presente in edicola, fa da traino e mantiene viva la moda per l'intero genere. Questi collezionisti, sulla scia della moda, danno importanza unicamente all'albo raro, all'albo ambito da tutti, e si preoccupano solo di avere dei fumetti ricercati e di valore. Non che abbia qualcosa contro questo approccio, tipico del collezionismo, tuttavia secondo me l'interesse per il genere non si può ridurre a questo, anche perché penso che sia indispensabile riconoscere a questi fumetti la loro validità intrinseca affinché possano alla lunga mantenere un interesse elevato non solo collezionistico ma anche artistico e storico. Mi sembra assurdo comprare e mettere via senza neanche provare a leggere cosa c'è dentro l'albo. Eppure, mi pare che la tendenza principale, oggi, sia proprio questa.

Il problema è che compenetrare e comprendere il genere è piuttosto difficile. Oggi siamo abituati a case editrici di grande qualità, a fior fior di professionisti che producono materiale di gran pregio, e siamo anche, di conseguenza, molto più critici. Affrontare con quest'ottica i fumetti neri degli anni '60 non può portare a niente. All'epoca le case editrici erano molto più piccole, nascevano e chiudevano nell'arco di un anno o poco più, si mettevano in gioco per scommessa, e quelle che vincevano erano quelle che restavano vive per più di due anni. Sfruttavano la scia del momento, si infilavano nella moda corrente dei generi non nel tentativo di fare prodotti di chissà quale livello culturale, ma puntando solo a mangiarsi la loro fettina della grande torta. Producevano cose d'impatto, che attingevano dalla realtà e dalla quotidianità, e oggi ci offrono un quadro candido e inconsapevole della loro epoca (guerra fredda, modi di vestire, modi di interpretare il mondo).

Gli artisti che lavoravano in queste case editrici erano spesso giovani talentuosi ma inesperti. La cosa interessante è che questi ragazzi non seguivano scuole, potevano avere il loro "modello" ma erano liberi da costruzioni pre-impostate, ed è interessante vedere come risolvevano i problemi sulla tavola da disegno,(o nelle sceneggiature), come producevano le inquadrature, le scene d'azione ecc. Ci sarebbe da scrivere un libro solo su questo. Pensiamo solo ad un enorme limite che c'era: quello del formato degli albi e in particolare del formato della tavola: due vignette, di dimensione né carne né pesce, una sopra e una sotto, fisse, che non permettevano di sfruttare la cornice in tutte le sue potenzialità (il Diabolik moderno ha superato questo ostacolo, e la costruzione delle tavole è oggi molto più fluida , altrimenti credo che non sarebbe durato così tanto). Eppure spesso il risultato era lodevole.
Infine le storie stesse. Non mi dilungo che ci sarà modo di parlarne, ma il personaggio cattivo e spietato non affascina tutti? Alcune storie sono di una crudezza che fa impressione anche oggi.

Insomma, questi e altri motivi (che affronteremo più avanti) rendono i fumetti neri un pezzo interessantissimo della nostra storia fumettistica e sociale. Spero di avervi convinto, non tanto a iniziare a collezionare neri, ma almeno a riscoprirli con una curiosità e un atteggiamento basato su canoni tutti da rispolverare.

Alla prossima puntata.

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